La recente premiazione del XXIV Compasso d’Oro ha affermato ancora una volta la centralità strategica del design italiano che come molti pensano non è morto anzi è risorto con una nuova capacità progettuale di sorprendere attraverso una progettualità seria e rispettosa del prodotto industriale.

L’unicità del nostro Dna ci porta ad essere leader nel mondo esprimendo quelle capacità di eleganza e innovazione formale che nessun altro paese ha espresso fino ad ora, a fronte di questo, però, sorgono due domande, la prima perchè al designer non è riconosciuto il suo ruolo strategico ed economico nel progetto ? e l’altra perché la nostra professione è cosi sminuita dal uso improprio della paraola design / designer ?

Nella prima domanda mi riferisco ad una mercificazione, tendente al basso, del nostro apporto professionale, in parole povere facciamo guadagnare molti soldi alle aziende ma ci viene riconosciuto un costo orario inferiore ad un idraulico (senza nulla togliere all’importanza di un idraulico), pensate per esempio quando andate da un avvocato per una questione legale la sua parcella è comparata alla sua capacità professionale di portare a termine con successo la vostra causa legale, o meglio ancora pensate ad un chirurgo a cui vi rivolgete per una operazione che grazie alla sua professionalità risulterà di successo per la vostra salute. Purtroppo nel design molto spesso non è cosi e la sensazione è quella di un riconoscimento a kilo come nei mercati della frutta e verdura, quando in realtà noi rappresentiamo il meglio assoluto nel mondo.

Nella seconda domanda mi riferisco all’inflazione della parola design, che ormai viene applicata ai parrucchieri piuttosto che al food, in questo caso bisognerebbe identificare la nostra professionalità affermando il concetto di industrial design che meglio rappresenta la professionalità e la cultura specifica che abbiamo creando una netta separazione dall’uso in altri settori professionali. Personalmente amo molto cucinare e creare nuovi piatti utilizzando la creatività ma non per questo mi sento un designer quando lo faccio.

E’ il momento di avere il coraggio di affermarci come una forte identità professionale sia verso il mondo industriale che verso il mondo in generale, per esempio entrando come membri di Confindustria o di attivare un ruolo istituzionale, come un ministro del design (concetto forte ma che rende l’idea), o una commissione parlamentare del design italiano.

I numeri di cosa produce il design e quale indotto smuove sono una dimostrazione effettiva e innegabile per porsi tra gli attori coinvolti nello sviluppo dell’economia nazionale, certo operazione non facile ma possibile se attraverso ADI si crea un efficace progetto strategico.